Comunione immobiliare, come si scioglie?

La comunione immobiliare fra diversi comproprietari o eredi, si scioglie seguendo una procedura e norme di legge ben determinate.

La divisione di una comunione immobiliare è un’operazione a volte complessa, anche quando i comproprietari si trovano in buoni rapporti. La situazione non cambia molto nel caso in cui l’originario acquisto è avvenuto mediante una compravendita, ovvero nel caso in cui si è in presenza di una successione ereditaria. I maggiori problemi sorgono quando i comproprietari si trovano in presenza di beni non comodamente divisibili. Vediamo le regole generali stabilite dal codice civile, lasciando le situazioni “particolari” ad appositi articoli.
comunione immobiliare

Divisione amichevole della comunione immobiliare

La prima situazione è quella che tutti i comproprietari sono d’accordo sulle modalità di divisione. Cioè concordino sulle loro quote astratte e sulle porzioni da assegnare (o vendere). L’accordo può essersi realizzato sia autonomamente, sia con l’attività di mediazione di un avvocato o di un tecnico. In caso di accordo bonario, i comproprietari devono porre in essere un vero e proprio contratto. Tale contratto deve essere obbligatoriamente sottoscritto da tutti i comproprietari. I firmatari decidono nel contratto le regole con cui, nella pratica, ci si divideranno i beni. Possono decidere di assegnare a ciascun condividente di una parte materiale del bene o dei beni. Oppure possono decidere di vendere uno o più beni, per dividersi il ricavato. La divisione può avvenire anche secondo quote concrete di valore diverso rispetto alla quota astratta di comproprietà spettante. Il contratto di divisione, quando incide su diritti immobiliari, richiede l’intervento di un notaio. Attenzione comunque a fare i furbi! Un accordo che assegni ad un comproprietario o ad un erede una parte di un quarto minore a quanto a lui spettante può essere rescisso ai sensi dell’art. 763 c.c.

Divisione giudiziale della comunione immobiliare

E se i comproprietari non trovano un accordo di divisione? La legge interviene dettando specifiche regole che devono essere seguite in sede giudiziale, nella causa di divisione. La causa di divisione dovrebbe essere intesa sempre come un’anticamera di una divisione amichevole. Ciò non solo per i costi, ma soprattutto per la durata incompatibile con lo “sfruttamento” economico del proprio patrimonio. E’ da tener presente che per essere operative le sentenze sulla proprietà devono passare in giudicato. Se un comproprietario è litigioso, si deve aspettare l’appello o la cassazione per mettere fine alla questione. Ciò detto, la legge prende in considerazione sia il caso della comunione immobiliare comodamente divisibile, sia di quella non comodamente divisibile.

Quando una comunione immobiliare non è comodamente divisibile?

Secondo la giurisprudenza, una comunione immobiliare non è comodamente divisibile quando il frazionamento della stessa non è oggettivamente possibile oppure determinerebbe un notevole deprezzamento economico delle porzioni. Una comunione non è comodamente divisibile anche quando, tenuto conto dell’usuale destinazione dell’immobile e della sua pregressa utilizzazione, sia impossibile formare in concreto porzioni suscettibili autonomo e libero godimento (Cassazione n. 14577/2012). Facciamo qualche esempio di comunione non comodamente divisivile. Un unico modesto appartamento, che non può essere frazionato per l’impossibilità di creare due ingressi o due bagni.  Oppure un terreno edificabile che, se suddiviso in due, realizzerebbe porzioni non più utilizzabili.

Quali sono i criteri di legge per la divisione della comunione immobiliare non comodamente divisibile?

La normativa indica più criteri divisionali fra loro alternativi ed elencati secondo un ordine di preferenza. Il primo criterio da seguire è l’assegnazione dell’intera comunione immobiliare al comproprietario con la quota maggiore. Ovvero anche ai comproprietari che, coalizzati, abbiano la quota maggiore. L’assegnazione al maggior quotista è, comunque, è subordinata al fatto che questi chieda l’assegnazione e si offra di versare un conguaglio agli altri comproprietari. Si veda a tal proposito l’art.720 c.c.

E se il comproprietario con la quota maggiore non intende farsi assegnare l’intera comunione immobiliare non comodamente divisibile?

In questo caso, uguale diritto all’assegnazione passa agli altri comproprietari, quelli con quota minore. Questi potranno chiedere, singolarmente o congiuntamente, che il bene venga loro assegnato in proprietà esclusiva. Se sono più comproprietari a chiedere l’assegnazione, nascerà una nuova comproprietà unicamente allo scopo di sciogliere la precedente comunione sull’immobile indivisibile.

Vediamo un caso concreto 

Esaminiamo una situazione di comunione immobiliare ereditaria tra una vedova ed i tre figli. La vedova con una quota di un terzo ed i tre figli con una quota di due noni ciascuno. Assumiamo che la comunione non sia comodamente divisibile essendo composta da un immobile non frazionabile. Se mamma e figli non si mettono d’accordo per una divisione amichevole, si rende necessario rivolgersi al giudice. Nella causa, esaminata la valutazione del perito, la vedova non richiede l’assegnazione dell’intero appartamento. Due dei tre figli potrebbero richiedere essi stessi l’assegnazione dell’appartamento, conguagliando madre e fratello. Attenzione però. La nuova comproprietà tra i due fratelli non sarebbe ereditaria, ma comune. La conseguenza è che ciascuno dei due figli nuovi comproprietari potrebbe vendere la propria quota senza alcuna prelazione al fratello (art.732 c.c.). L’instaurazione di una nuova comunione non è solitamente consigliabile. Sciolta una comunione, il rischio è quello di riavere gli stessi problemi tra i due nuovi comproprietari. 

Chi prevale tra il comproprietario con quota maggiore che chiede l’assegnazione ed i restanti comproprietari che sommino le loro quote?

La giurisprudenza ha ritenuto dover privilegiare il condividente singolo con la quota più alta motivando la soluzione sulla base di un più generale principio, desumibile dalle norme sulla proprietà nel nostro ordinamento. Infatti, la proprietà del singolo è di più facile gestione ed è vista con favore. Lo scioglimento della comunione a scapito di situazioni di comproprietà protratte nel tempo è dunque incentivato dalla nostra normativa.

E se nessuno dei comproprietari si propone per l’assegnazione del bene?

Non resta, in questo caso, altra soluzione che chiedere al Giudice la vendita dell’immobile all’asta. La procedura potrebbe essere anche condotta direttamente dalle parti, privatamente.Ciò è sempre preferibile perché consente di vendere solitamente l’immobile ad un prezzo maggiore.  Nel caso di asta giudiziale, le operazioni di vendita possono essere condotte direttamente dal giudice o delegate ad un professionista incaricato,di regola un notaio. Attualmente la seconda soluzione è quella più comune.

Cosa fare in caso comunione “difficile”?

Che fare se tuoi beni in comunione sono bloccati perché non non riesci a trovare un accordo con i tuoi fratelli, ecc. Non perdere tempo a rivolgerti ad un avvocato immobiliarista: ti aiuterà a pianificare una strategia per farti ottenere tutto quello di cui hai diritto, nel minor tempo possibile, ai costi più contenuti, mantenendo se possibile buoni rapporti. Tieni presente che ogni situazione è diversa e bisogna tenere conto di molteplici aspetti che solo un avvocato, esperto di diritto immobiliare e della proprietà, può valutare con cognizione. Il nostro studio legale Forcella Peruzzi, operante a Padova e direttamente in tutto il Nord Est (Venezia, Vicenza, Treviso, Verona, Belluno Rovigo, Ferrara ecc.) è a tua disposizione con il servizio di Analisi Legale Gratuita e Colloquio Orientativo in Studio.

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